domenica 17 giugno 2012

Allenamento 4D

Spesso quando pratichiamo un'arte marziale ci dimentichiamo di quanto possa essere importante la gestione della distanza dall'avversario. Questo è dovuto al fatto che non essendo uno sport da combattimento ci si concentra di più sulla tecnica che su un allenamento dinamico il quale potrebbe essere pericoloso per i praticanti. In questo modo però si perde un fattore importantissimo e decisivo in un combattimento reale: la gestione dello spazio e del tempo.

Ecco l'importanza del prendere in prestito alcuni esercizi di footwork da sport di combattimento come la Boxe, che, anche un po' a causa del business che c'è dietro, è arrivata a livelli di scientificità altissimi nel proporre allenamenti efficaci. Un altro fattore importante è la coordinazione gambe-braccia.

Moltissimo può fare un allenamento pugilistico, ma è importante riuscire a coordinare le gambe non solo con i 4 colpi fondamentali del pugilato ma anche con tutti i colpi del Kali aggiungendo quindi pugni a martello, gomitate, colpi con il bastone, con le dos puntas o con qualunque altro moltiplicatore di forza dalla penna biro al boccale di birra.

In questo ci viene in aiuto il Sinawali: una delle tante branche del Kali che prevede l'uso di due bastoni. La complessità di movimenti che si può raggiungere è altissima e unita ad una movimentazione nello spazio insieme ad un compagno è secondo me l'allenamento migliore che si può fare per gestire i colpi su una distanza medio-lunga. Dopo aver imparato a muoversi correttamente mentre si colpisce con due bastoni tutte le altre configurazioni a mani nude o con i moltiplicatori di forza risulteranno molto semplici.

Lo scrivo perchè io stesso ne ho sperimentato l'efficacia del Sinawali per l'aumento di coordinazione, anche nella vita di tutti i giorni.

venerdì 30 marzo 2012

Allenamento con i Dog Brothers IT

Partecipando ad uno stage con due dei Dog Brothers italiani, C-Staffy Dog e C-Full Metal Dog del Kuma a.s.d. che ringrazio, le mie convinzioni sul metodo di allenamento si sono fortificate.
In un contesto storico dove non ci si può allenare 8 ore al giorno, l‘unico modo efficiente per capire i principi di un'arte marziale è studiarne le tecniche.
Come con il metodo scientifico, si studiano un grande numero di casi per scoprire una regola generale valida per tutti.
Ma dopo aver risalito la crina della complessità è necessario superarla e scendere nella valle della semplificazione.

Dal punto di vista psicologico essere in cima alla montagna conferisce un forte senso di sicurezza, ci fa sentire tranquilli e consapevoli delle nostre capacità. Guardando giù nella valle (attraverso ad esempio qualche video di sparring) cominciamo a riconoscere le tecniche utilizzate dai suoi piccoli abitanti, ogni tanto ci scappa qualche commento che ricorda molto il pantofolaio davanti alla tv che impreca contro il calciatore.

Ma quando iniziamo noi stessi a fare un po‘ di sparring capiremo velocemente che questi lillipuziani sono in realtà macchine da combattimento della nostra taglia o probabilmente superiore.
E l‘unico modo intelligente di affrontarli è con una preparazione basata su poche tecniche e sullo studio dello spazio-tempo (come nella boxe), su come tirare i colpi in modo efficiente, efficace, alla massima potenza e su come evitarli realisticamente.
Sicuramente lo sparring è lontano anni luce rispetto ad una situazione reale però è un buon modo per testare se le tecniche sono passate a livello di memoria muscolare o meno.

Poi, allenare la gestione della paura è un altro discorso...a meno che non siate abbastanza temerari da andare a fare un Gatering a vostro rischio e pericolo.


sabato 17 settembre 2011

Le 7 regole del combattimento

  1. Spostamento: uscire dalla linea centrale, guadagnare l'angolo;
  2. Arma: colpire la mano che la impugna parando il colpo;
  3. Mano: colpire l'altra mano per evitare contrattacchi;
  4. Colpire in movimento: mentre si esce dalla linea centrale continuare a colpire;
  5. Stima delle circostanze: mentre si esce dalla linea centrale guardarsi alle spalle e valutare eventuali ulteriori pericoli;
  6. Distanza: mantenere la distanza adeguata all'azione (corta, media o lunga che sia) e variarla solo in caso di neccessità;
  7. Occhi: mantenere lo sguardo sul target (e mai sulle mani o sulle armi) sfruttando la visione periferica che è maggior sensibile al movimento;

martedì 19 luglio 2011

Gestione del chaos e Inoculazione di stress

L'apprendimento di un arte marziale deve essere la via attraverso la quale si impara a gestire il chaos del combattimento.
Il metodo di insegnamento è quindi critico perchè si cerca di intrappolare attraverso schemi precisi di tecniche ciò che per natura è fluido ed imprevedibile.
Le dighe sono tra le opere più difficili da realizzare proprio perchè, come ci insegnava il mio professore di scienze delle superiori, "l'acqua passa sempre: non si può bloccarla ma si può decidere dove farla defluire". Lo stesso concetto è insegnato in molte arti marziali.
Come se non bastasse lo stress a cui siamo sottoposti durante uno scontro reale complica ulteriormente le cose azzerando la motricità fine e degradando la capacità decisionale, entrambe conseguenze dell'incremento del battito cardiaco di cui parlerò in un post dedicato.
Per questo in una situazione di forte stress l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è poter scegliere:
imparare troppo tecniche senza studiarne il contesto di applicabilità può essere controproducente.
Meglio saper eseguire 3 tecniche nel giusto contesto spazio-temporale che conoscerne 100 e nel momento della verità fermarsi a pensare "qui è meglio la 37° o la 81°?"
La legge di Hick dice che se le risposte possibili aumentano da una a due il tempo di reazione aumenta del 58% [1]
Mi rendo conto che può essere facile farsi prendere dall'entusiasmo quando ci si approccia ad un'arte marziale completa e complessa come il Kali ma bisognerebbe dare tempo al cervello di interiorizzare le tecniche prima di aggiungerne altre e in questo può fare la differenza il metodo di insegnamento, che dovrebbe prevedere sempre l'inoculazione di stress, tanto decantata da Dave Grossman in "On Combat".
Recenti studi indicano che è più facile riprodurre un task se le condizioni ambientali e psicofisiche sono le medesime di quando si lo si è appreso.
Estremizzando il concetto e usando le parole di un mio caro amico ingegnere dell'ETH potremo dire che "se imparo il francese da ubriaco lo parlerò meglio quando sarò nuovamente ubriaco".
Per questo ho ritenuto molto istruttiva una lezione di Krav Maga che ho seguito l'anno scorso, non tanto per le tecniche viste, a mio avviso lacunose e poco applicabili in un contesto reale (probabilmente per mancanza dell'istruttore e non di certo di un problema intrinseco del sistema usato da uno degli eserciti più addestrati del mondo), ma per l'uso della luce soffusa, della musica alta, degli esercizi a occhi chiusi con scambio di compagno ad insaputa del praticante, degli attacchi imprevedibili durante camminate caotiche di tutti i partecipanti (cosa che ho rivisto su un dvd molto istruttivo di CQC di Joe Hubbard)

Purtroppo per noi la gestione di uno scontro reale e caotico diventa rischiosa se non si ha un adeguato grado di conoscenza della tecnica. Come in molti casi anche qui in medio stat virtus.
L'approssimazione di un sistema caotico soffre del trade-off tra l'accuratezza e la velocità del calcolo.
Immaginiamo di dover percorrere le infinitamente frastagliate coste di un frattale a bordo di una barca:
Se ci avviciniamo troppo alla costa il nostro viaggio sarà molto più lungo e le manovre dovranno essere molto più numerose, mentre se restiamo al largo perderemo di vista il nostro obiettivo.
Se invece sapessimo dove si trova l'obiettivo potremo stare al largo fino ad un certo punto e poi immergerci nella costa frastagliata solo al momento giusto. Per farlo ci serve una formula: nell'esempio fornita da Mandelbrot [2]
e nel nostro caso fornita dal corretto allenamento di un arte marziale.

Conclusione
Il metodo di allenamento che consiglio è quello in cui si presenta la tecnica con il metodo globale, analizzando il contesto di applicabilità e lo scopo.
Successivamente si devono curare i dettagli con il metodo analitico, spezzettando la tecnica e analizzando i movimenti singoli e le loro motivazioni.
Infine si deve tornare a studiarla globalmente in dinamica con l'inoculazione da stress in modo da interiorizzarla.

Note:
[1] Legge di Hick [↩]
[2] Insieme di Mandelbrot [↩]

martedì 10 maggio 2011

I colpi a mani nude

Resistenza
Le ossa del metacarpo sono molto più fragili di quanto si pensi. Per questo motivo tirare un pugno a mani nude può non essere una buona idea se non si regola la potenza: abbastanza per ottenere il risultato voluto ma non troppa per evitare di rompersi le ossa; il target: evitare di colpire la fronte o comunque zone ossee; la traiettoria: avvitata per colpire con le prime due nocche della mano.
Anche con questi accorgimenti è molto facile farsi male, per questo il pugno chiuso bisognerebbe usarlo solo per il training ricordandosi che nel mondo reale possono essere molto più efficaci le dita come nel JKD o il palmo aperto e il pugno a martello come nel panantukan tradizionale o boxe filippina.

Velocità
Quando si tira un pugno è molto importante la velocità di ritorno del braccio coinvolto. Questa importanza è dovuta a due fattori: la necessità di recuperare il più velocemente possibile la condizione di guardia e di approssimare il più possibile un urto elastico.
  1. Quando si cerca di colpire l'avversario si apre una falla nella guardia che può essere sfruttata dall'avversario con un colpo d'incontro che prevede l'ingresso quasi contemporaneo all'arrivo del colpo tirato dall'avversario oppure un colpo di anticipo che sfrutta sia la falla che la "telefonata" ovvero il fatto che il colpo tirato risulta facilmente prevedibile e quindi anticipabile. Un semplice esempio si ha quando il vostro avversario vi tira un gancio con un grosso caricamento e voi lo anticipate con un jeb diretto al volto.
  2. Un urto anaelastico consiste nella collisione tra due corpi che successivamente restano a contatto e continuano a viaggiare alla stessa velocità. Questa condizione prevede una dissipazione di energia in termini di calore.
    Tirare un pugno come fosse una spinta provocherebbe quindi maggiore dissipazione di energia e il danno arrecato diminuirebbe. Ovviamente un pugno non può essere considerato un urto elastico in quanto bisognerebbe considerare le deformazioni dei legamenti dei muscoli e delle ossa coinvolte, però se tirato correttamente, si può minimizzare l'energia dissipata rendendolo molto più efficace.
Consideriamo due masse uguali, una ferma e una in movimento. Quando quella in movimento urta in modo elastico quella ferma la prima si ferma e l'altra acquisisce la velocità della prima. Il momento di contatto tra le due masse è istantaneo e l'energia si trasferisce da una massa all'altra.
Se l'urto è anaelastico quando le due masse si uniscono la velocità finale si dimezza con una dispersione di energia.
Apprendimento
I colpi più studiati scientificamente sono sicuramente quelli del pugilato e per questo sono perfetti per l'allenamento, per lo studio dello spazio e del tempo con lo sparring non condizionato, per lo sviluppo e il controllo della potenza. Parallelamente bisogna però ricordarsi sempre che in un contesto reale senza i guantoni da 10 once ci si può fare male e che il coefficiente di resistenza alla compressione delle ossa colpite può essere maggiore del vostro.
In questo momento entra in gioco tutto quello appreso nel bastone del Kali perchè gli stessi movimenti (sinawali) possono essere replicati a mani nude con il pugno a martello.
Applicare quindi gli insegnamenti del pugilato in termini di velocià, tempi e distanza uniti ai principi del bastone del Kali può fare la differenza tra qualche livido e delle ossa rotte.

Conclusioni
Tirare un pugno a mani nude senza farsi male può essere molto difficile. Per riuscire a dosare la corretta quantità di forza in un contesto reale dove lo stress psicologico ci porterebbe a sfruttare al massimo il nostro potenziale è necessaria una grande preparazione. Anche per questo motivo secondo me l'allenamento pugilistico andrebbe affiancato a tecniche di Kali.